Le fiabe e le filastrocche di Saltabanco

La raccolta di fiabe e filastrocche di Saltabanco.
Ogni giorno (o quasi) una fiaba o una filastrocca. Potete vedere anche nell'area documentale, qui.
Buon divertimento!

Tutte le filastrocche qui raccolte sono state inventate da Saltabanco o raccolte tra quelle più belle di diversi autori, nel corso degli anni. Saltabanco è a disposizione di chiunque volesse qualche informazione o chiarimento in più.

204. La galleria

La galleria è una notte per gioco,

è corta corta e dura poco.

 

Che piccola notte scura scura!

Non si fa in tempo ad avere paura.

203. Pronto, chi fischia?

Pronto, chi fischia?

L’arbitro,

il merlo,

il vaporetto

che va a Ischia….

 

Pronto, chi fischia?

Sono io. Perché?

Ho fatto uno sbaglio

e mi fischio da me.

202. Un tale di Macerata

Ho conosciuto un tale,

un tale di Macerata,

che insegnava ai coccodrilli

a mangiare la marmellata.

 

Le Marche, però,

sono posti tranquilli,

marmellata ce n’è tanta,

ma niente coccodrilli.

 

Quel tale girava

per il monte e per la pianura,

in cerca di coccodrilli

per mostrare la sua bravura.

 

Andò a Milano, a Como,

a Lucca, ad Acquapendente:

tutti posti bellissimi

ma coccodrilli niente.

 

E’ ancora li che gira,

un impiego non l’ha trovato:

sa un bellissimo mestiere,

ma è sempre disoccupato.

201. Alla formica

Chiedo scusa alla favola antica,

se non mi piace l’avara formica.

Io sto dalla parte della cicala

che il più bel canto non vende, regala.

200. Ladro di erre

C’è, c’è chi da colpa

alle piene di primavera,

al peso di un grassone

che viaggiava in autocarriera:

 

io non mi meraviglio

che il ponte sia crollato,

perché l’avevano fatto

di cemento “armato”.

 

Invece doveva essere

“armato”, s’intende,

ma la erre c’è sempre

qualcuno che se la prende.

 

Il cemento senza erre

(oppure con l’erre moscia)

Fa il pilone deboluccio

E l’arcata troppo floscia.

 

In conclusione, il ponte

è colato a picco,

e il ladro di “erre”

è diventato ricco:

 

passeggia per la città,

va al mare d’estate,

e in tasca gli tintinnano

le “erre” rubate.

199. Pane

S’io facessi il fornaio

vorrei cuocere un pane

così grande da sfamare

tutta, tutta la gente

che non ha da mangiare.

 

Un pane più grande del sole,

dorato, profumato

come le viole.

 

Un pane così

verrebbero a mangiarlo

dall’india e dal Chilì

i poveri, i bambini,

i vecchietti e gli uccellini.

Sarà una data

da studiare a memoria:

un giorno senza fame!

Il più bel giorno di tutta la storia.

198. Proverbi

Dice un proverbio dei tempi andati:

“meglio soli che male accompagnati”.

Io ne so uno più bello assai:

“in compagnia lontano vai”.

 

Dice un proverbio, chissà perché:

“Chi fa da sé fa per tre”.

Da quest’orecchio io non ci sento:

“Chi ha cento amici fa per cento”.

 

Dice un proverbio con la muffa:

“Chi sta solo non fa baruffa”.

Questa, io dico, è una bugia:

“se siamo in tanti, si fa allegria”.

197. Io vorrei

io vorrei che nella

ci si andasse in bicicletta

per vedere se anche lassù

chi va piano non va in fretta.

 

Io vorrei che nella luna

ci si andasse in ciclomotore

per vedere se anche lassù

chi sta zitto non fa rumore.

 

Io vorrei che nella luna

ci si andasse in accelerato

per vedere se anche lì

chi non mangia la domenica

ha fame il lunedì.

196. Chi comanda?

Ho domandato a una bambina:-Chi comanda in casa?

sta zitta e mi guarda.

-Su, chi comanda da voi: il babbo o la mamma?

-Dunque, me lo dici? Dimmi chi è il padrone.

Di nuovo mi guarda, perplessa.

-Non sai cosa vuol dire comandare?

Sì che lo sa.

-Non sai che vuol dire padrone?

Sì che lo sa.

-E allora?

Mi guarda e tace. Mi debbo arrabbiare? O forse è muta, la poverina. Ora poi scappa addirittura, di corsa, fino in cima al prato.

E di lassù si volta a mostrarmi la lingua e mi grida, ridendo:-Non comanda nessuno, perché ci vogliamo bene.

195. Il monumento

Ho saputo che a Tokio in un vecchio monastero

hanno messo un monumento, ma strano per davvero.

È dedicato, dicono, a tre bravi signori

che del fin-riki-sha furono inventori.

 

Questo fin-riki-sha sarebbe poi il riksciò.

Ne sapete come prima? È comodo, solamente….

 

C’è tra le stanghe, al posto del cavallo o del somarello, un uomo,

un uomo vero, e questo non è bello.

 

Era il caso di fare un monumento agli scaltri

che hanno inventato la fatica degli altri?

 

In conclusione io trovo, dopo averci ben pensato,

che certi monumenti sono marmo sprecato.

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