Il manalbero

Nel mezzo del bosco che circonda un vecchio castello abitato da 5 maghi, vive una pianta davvero speciale. Il “Manalbero” infatti produce dei “manfrutti” rossi, gialli, verdi e blu, grossi come angurie e forniti di appendici che ricordano le dita di una mano. Il manalbero ha anche la possibilità di parlare, ma solo di notte. E proprio una notte, mentre tutto è avvolto nel silenzio, dal bosco si alza un pianto dirotto, accompagnato da ripetute richieste di aiuto. Il primo a svegliarsi è mago Oreste, il mago contadino, che dorme sempre all’aperto per sorvegliare i prodotti del suo orto. Si dirige verso il bosco e si trova di fronte al manalbero singhiozzante.

“ Perché piangi?” gli chiede.

“Piango perché i miei frutti sono ormai così grossi che faccio fatica a reggerli. A causa del peso eccessivo, le mie radici si sono infiammate, il mio tronco è gonfio e dolorante e i miei rami stanno per spezzarsi. Senti come scricchiolano?”

“Si, si lo sento e penso di poterti aiutare però devo tornare al mio capanno degli attrezzi. Mago Oreste si dirige velocemente verso il castello e poco dopo è di ritorno con un grosso fascio di bastoni.

“Che hai intenzione di fare con quei cosi?” gli chiede il manalbero.

“Questi cosi sono dei tutori che uso nel mio orto per reggere le piantine di pomodori e di fagioli. Ora li pianterò sotto i tuoi rami e loro ti aiuteranno a sopportare meglio il peso dei manfrutti. Fidati di me!”

Così dicendo mago Oreste termina la sua opera di puntellamento e infine convinto di aver fatto un ottimo lavoro, saluta il manalbero e se ne torna a dormire. La notte successiva, però, dal bosco si leva nuovamente un pianto dirotto. Questa volta i lamenti svegliano maga Ambrosia, ottima apicoltrice e bravissima nelle preparazioni di miele e marmellata. Decisa ad aiutare la creatura che invoca aiuto, maga Ambrosia cammina sicura sui sentieri sterrati e giunge davanti al manalbero.

“Perché piangi caro?” gli chiede

“Perché ho bisogno d’aiuto: il peso dei miei frutti sta spaccandomi tutti i rami. La notte scorsa mago Oreste ha cercato di migliorare il mio stato con dei tutori. Purtroppo quei legni erano troppo sottili e hanno retto soltanto alcune ore.

“Capisco – dice maga Ambrosia – e sono certa di poterti aiutare in modo più efficace. Ora coglierò un po’ dei tuoi manfrutti e otterrò due risultati: allevierò il peso che devi sopportare ed io potrò preparare squisite marmellate di manfrutto!”

“Ma tu sei matta! Io non voglio rinunciare a nessuno dei miei frutti. Perciò, se questa è l’unica soluzione che proponi, tornatene al castello e grazie lo stesso”. Nel bel mezzo della notte seguente è mago Ubaldo ad essere svegliato dalle invocazioni d’aiuto che lo raggiungono attraverso le finestre della sua stanza nella torre. Scende la ripida scala e uscito all’aperto cerca di orientarsi verso la direzione da cui provengono i dolenti richiami e si ritrova a camminare nel bosco. Giunto davanti al manalbero si fa raccntare i suoi problemi e quali rimedi gli hanno proposto mago Oreste e maga Ambrosia. Alla fine sbotta “Ciarlatani, incapaci, buoni a nulla. Per fortuna tua, caro manalbero, io sono mago Ubaldo specializzato in filtri e pozioni capaci di risolvere qualsiasi problema. Tu aspetta fiducioso: tornerò prima dell’alba”.  Rientrato nel suo laboratorio, mago Ubaldo si mette all’opera, mescolando strani liquidi e distillandoli in storte e alambicchi. Alla fine il rimedio è pronto è armato di una grossa siringa, torna nel bosco.

“Eccomi qui con la tua salvezza tra le mani. Questo portentoso rimedio guarirà le tue radici, sgonfierà il tuo tronco e riparerà le crepe dei tuoi rami. Pronto per l’iniezione!”

“Ma quale iniezione e iniezione. Io ho paura degli aghi. Quindi, ti ringrazio per le buone intenzioni, ma ti proibisco di sforacchiarmi!” per la quarta notte consecutiva i dintorni del castello sono percorsi dagli echi si un pianto inconsolabile. Stavolta a svegliarsi è maga Jolanda, entomologa, che divide la sua camera con farfalle, cavallette, coccinelle, formiche, libellula….. si inoltra nel bosco, arriva presso il manalbero e subito si impietosisce per il suo stato di salute davvero precario.

“Hai davvero un grosso problema a causa della dimensione notevole dei tuoi manfrutti. Eccoti, perciò, la mia idea: chiamerò i miei insetti e chiederò loro di rosicchiare pian piano la loro buccia molto spessa, in modo da renderli meno pesanti e più sopportabili per i tuoi rami. Sei contento?”

E hai anche il coraggio di chiedermi se sono contento. Dimmi, come ti sentiresti se migliaia di bestiole ronzanti e voraci ti si posassero addosso e cominciassero a mangiucchiarti viva? No grazie, posso fare a meno di questo trattamento”. Cala un’altra notte e di nuovo il manalbero lancia le sue invocazioni disperate. Mago Evaristo sta attraversando il bosco per tornare al castello. È in compagnia delle sue rane con le quali ha trascorso gli ultimi quattro giorni in varie discoteche, dove hanno insegnato i movimenti di un nuovo ballo: l’anfibrò – dance- anche se è molto stanco e non vede l’ora di farsi una bella dormita nel suo letto, non ignora gli appelli del manalbero e si dirige verso di lui per soccorrerlo. Ascolta con attenzione i vari tentativi compiuti dai suoi amici maghi e , alla fine del racconto, estrae da una tasca dei calzoni una bacchetta magica. La agita e pronuncia queste parole:”Uno, due, tre. Le tue radici diventino piè!” immediatamente le radici del manalbero escono dalla terra, si accorciano e si trasformano in piedi.

“E con queste appendici che ci faccio?” chiede stupito il manalbero.

“Semplice – risponde mago Evaristo – li devi usare per spostarti un poco, verso quello spiazzo. Credi di potercela fare!”

“Ci proverò!” e con cautela il manalbero compie i passi necessari per raggiungere la sua nuova sistemazione. “Molto bene – dice mago Evaristo – se ti senti comodo rimettiamo tutto in ordine”. Prende la bacchetta magica e pronuncia: “tre, due, uno… dei tuoi piedi non ne resti nessuno!”. Subito le radici tornano a distendersi e ad allungarsi nel terreno. “E adesso che ho cambiato collocazione, conti di fare qualcosa di serio per aiutarmi?”

“calma, calma”, replica Evaristo chinato sul terreno del bosco e intento a perlustrare con attenzione. “Si può sapere che cosa cerchi?”

“Cerco un seme e quando l’avrò trovato lo pianterò proprio vicino a te”- finalmente il mago trova il piccolo seme: lo pianta, lo ricopre con delicatezza e lo innaffia con alcune gocce d’acqua recuperate dalle rane in uno stagno vicino. Nuovamente Ernesto prende la bacchetta magica e sussurra:” quattro, cinque, sei… presto, presto un nuovo alberello vorrei!” accompagnato da un boato sordo, dal suolo spunta un germoglio che si trasforma in un gran, de manalbero, dal tronco possente e dai lunghi rami. “Che bello! Finalmente avrò un compagno con cui parlare durante la notte, a cui raccontare storie e confidare segreti, grazie”. “sono felice che apprezzi il mio operato, ma il mio lavoro non è ancora terminato!”. Così dicendo si pone tra i due alberi, tocca alternativamente il loro tronco con la bacchetta e ordina: “ Sette, otto, nove del mio potere do le prove. Se è un aiuto quello che vuoi, metà dei tuoi frutti diventino suoi!”. Subito parecchi manfrutti di vari colori si staccano dai rami del primo manalbero e, usando le loro appendici a forma di dito, scendono con cautela lungo il tronco, camminando sul terreno, risalgono sul tronco del secondo manalbero e si posizionano sui suoi rami. “Oh, che delizia, che gioia, che sollievo. Il peso che mi opprimeva è scomparso, respiro meglio, i rami sono più leggeri e il tronco si è sgonfiato. Grazie, mago Evaristo! Adesso ho un amico che condivide i miei frutti. Quando non avrai sonno, potrai venire a chiacchierare con noi!”. Ormai è l’alba: la luce del sole si fa strada nel cielo e i due manalberi tornano silenziosi. Evaristo accarezza le loro cortecce e, in compagnia delle sue rane, esce dal bosco e si dirige al castello. Ha il cuore leggero e si sente molto felice per aver fatto una buona azione.

(Fiorenza 2003)

(I bambini di prima e Fiorenza – 2010 -)

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